ENDOMETRIOSI

L’endometriosi è un disturbo tutto femminile a cui si accompagnano dolore e sofferenza cronica. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, iniziando dall’analisi delle cause, i sintomi tipici e le cure oggi a disposizione per affrontare il problema.

endometriosi

L’endometriosi può seriamente compromettere la qualità della vita di una donna. Stiamo parlando di una patologia causata dalla crescita di tessuto endometriale all’esterno dell’utero, anziché all’interno.

Questo fa sì che si determini un‘infiammazione cronica, accompagnata da forte dolore che tende a diventare costante e continuo. A determinati livelli, questa patologia diventa invalidante nella quotidianità.

L’endometrio altro non è che la membrana che funge da rivestimento nella parte più interna dell’utero. Ad ogni ciclo mestruale, questa viene rigenerata grazie all’azione svolta dal progesterone e dagli estrogeni.

Proprio questo passaggio consente di creare ogni volta l’habitat ideale per un’eventuale gravidanza.

Quando però tale tessuto si viene a collocare in una sede non idonea, come appunto l’esterno dell’utero, si parla di endometrio ectopico.

E cosa succede in questi casi? Lo sfaldamento del tessuto endometriale si accompagna a lesioni da cui fuoriesce del sangue. A questo punto possono formarsi delle cisti o delle aderenze.

Essendo l’endometrio localizzato in una sede differente dall’interno dell’utero, l’accumulo di sangue di cui abbiamo parlato non ha modo di essere espulso mediante il normale ciclo mestruale. Di conseguenza va a formare delle vere e proprie cisti endometriosiche a cui corrispondono più lesioni. La sede della lesione sarà fondamentale anche per la specificità dei sintomi associati. Queste cisti hanno un diametro dai 2 ai 5 centimetri e generalmente sono benigne.

Al contrario le aderenze non sono altro che un accumulo di tessuto cicatriziale fibroso che va a congiungere parti di uno stesso organo o di due organi diversi. Tale complicazione anomala si verifica in seguito a livelli molto elevati di infiammazione, legati sempre alla presenza delle lesioni. Generalmente le aderenze sono visibili a livello di ovaie, utero, tube di Falloppio o nell’intestino.

Tuttavia è bene fare ulteriori specificazioni in funzione della localizzazione dell’endometrio. Pertanto distingueremo tra endometriosi interna ed esterna.

Adenomiosi (e. interna)

In caso di endometriosi interna, l’endometrio ectopico si trova nel miometrio, la cosiddetta tonaca muscolare dell’utero.

Endometriosi pelvica esterna

L’endometrio ectopico si posiziona fuori le pelvi (ad esempio sull’addome, sui reni, sull’ombelico, ecc.) o all’interno delle pelvi (nelle ovaie, nelle tube di Falloppio, nella vescica, ecc.).

Endometriosi ovarica

Nella maggior parte dei casi si verifica un’endometriosi esterna a livello delle ovaie. In questo caso il tessuto endometriale si va ad accumulare proprio all’interno delle ovaie creando appunto le cisti endometriosiche.

Questo determina un circolo vizioso: il flusso mestruale diventa più abbondante, le cisti aumentano sempre più e il rischio di infertilità diventa reale. Oltretutto il ciclo mestruale tende a diventare sempre più doloroso e irregolare.

Endometriosi intestinale

Un’altra forma ricorrente è quella dell’endometriosi intestinale, che è spesso priva di sintomi, soprattutto nella fase iniziale. Nelle forme più gravi e avanzate invece, i sintomi vanno a confondersi con altri disturbi.

La paziente allora avvertirà gonfiore addominale e crampi cronici, irregolarità a livello intestinale e dolori al momento della defecazione. Spesso l’unica indagine che consente di scoprire la patologia è la colonscopia.

L’unico modo per risolvere il problema è quello di ricorrere alla laparoscopia o, nei quadri più severi, alla resezione intestinale.

L’endometriosi colpisce le donne in età fertile, dal momento stesso in cui avviene il menarca fino al periodo della menopausa.

Tuttavia sembra che la fascia d’età maggiormente a rischio sia concentrata fra i 30 e i 40 anni. Le statistiche parlano di un’incidenza che varia dal 10 al 20%.

A questo bisogna poi aggiungere il cosiddetto “numero oscuro”, ovvero tutte le mancate diagnosi legate a forme asintomatiche o ad una eccessiva superficialità nella valutazione del quadro sintomatico. Quindi in realtà i numeri potrebbero essere molto più grandi.

Alcuni studi hanno riscontrato la presenza di alcuni fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare tale malattia:

Ad oggi purtroppo non è stata ancora individuata una causa univoca ed è proprio questo che impedisce di trovare una cura risolutiva.

Vi sono però tutta una serie di teorie che tentano di spiegare l’eziologia di questa malattia. Ovviamente ciascuna di esse ha i suoi limiti, riuscendo a spiegare solo in parte il quadro clinico.

Ereditarietà

A quanto pare esiste una predisposizione genetica sulla linea femminile. Ciò significa che figlie, sorelle e nipoti di donne affette da questa malattia hanno una forte probabilità di ereditare l’endometriosi.

Residui embrionali

Sono stati evidenziati alcuni residui embrionali che a quanto pare potrebbero essere in grado di generare del tessuto endometriale.

Impianto iatrogeno

Questa teoria asserisce invece la possibilità che su alcune cicatrici si possano formare accrescimenti di endometrio. Parliamo per lo più di interventi associati al parto cesareo o all’isterectomia.

Alterazioni del sistema immunitario

Altri studi hanno ipotizzato la possibilità che vi siano degli anticorpi specifici che vanno a inibire la corretta crescita dell’endometrio, comportando inoltre anche la sterilità.

Mestruazione retrogada

Un’altra ipotesi riguarda la possibilità che alcune anomalie anatomiche interne dei genitali vadano a determinare il reflusso tubarico durante il ciclo mestruale. Con questo modello però non si riesce a spiegare tutte le varie tipologie di endometriosi.

L’endometriosi comporta una sintomatologia molto severa

I sintomi sono a volte confusi con altro e in generale potrebbe verificarsi anche una certa leggerezza da parte dei medici nel comprendere la gravità della sofferenza.

Detto questo c’è da riconoscere che nel 20% dei casi l’endometriosi è del tutto silente e asintomatica. Per questo spesso viene scoperta in ritardo, in coincidenza con altre situazioni mediche.

In generale però i sintomi rientrano in questo quadro:

Tale patologia segue generalmente una sua evoluzione: il dolore inizialmente si manifesta solo in coincidenza delle mestruazioni.

Gradualmente questo si estende in durata anche in altri momenti del mese, accompagnando quasi la quotidianità come un sottofondo.

Questo accade perché i focolai endometriosici diventano più grandi in coincidenza del ciclo mestruale e pertanto sono più fastidiosi.

Nonostante nella maggior parte dei casi l’endometriosi scompaia con l’arrivo della menopausa, possono esserci donne costrette a vivere ancora il tormento di questa malattia.

In questi casi ci saranno tutti i sintomi di una endometriosi da età fertile, a eccezione di quelli legati al ciclo mestruale. Il quadro sintomatico sembra dunque essere più lieve.

In realtà gli ultimi studi hanno evidenziato come questa possibilità si verifichi in realtà solo nei primi anni dell’ingresso alla menopausa. Successivamente, raggiunto un maggiore equilibrio ormonale, la situazione si andrebbe stabilizzando.

Come si scopre l’endometriosi? Il primo passaggio fondamentale è quello di recarsi dal proprio ginecologo di fiducia non appena si avvertono sintomi specifici.

Dopo un’anamnesi dettagliata in cui si cerca di raccogliere informazioni sull’esordio e il decorso del problema, generalmente sono prescritti esami più specifici.

Mediante l’ecografia transvaginale si analizzano meticolosamente le strutture pelviche della donna. Se questo non bastasse, si passa ad interventi più invasivi, quali la laparoscopia e la laparotomia.

Si tratta a tutti gli effetti di operazioni chirurgiche mediante le quali si vanno a prelevare parti del tessuto per effettuare una successiva biopsia. Può essere prescritta, in alcuni casi, anche una risonanza magnetica.

Tutti questi passaggi sono fondamentali anche per escludere eventuali altre patologie che, in alcuni casi, potrebbero sovrapporsi coi sintomi. Potrebbe difatti trattarsi di una semplice cisti ovarica piuttosto che della sindrome dell’intestino irritabile.

In base alle statistiche, circa il 30-40% delle donne affette da una grave endometriosi rischia la sterilità.

Le ipotesi al riguardo sono tante: si suppone che vi siano delle alterazioni anatomiche specifiche che vanno a coinvolgere l’apparato femminile. In altri casi è probabile che si sviluppi una reazione autoimmune che va a danneggiare l’embrione, impedendo dunque l’impianto.

La diagnosi precoce è l’unico modo per poter monitorare il concepimento e l’intera gravidanza. Spesso le donne fanno fatica a restare incinte e non è raro il ricorso alla fecondazione assistita in alcune situazioni.

Tuttavia, anche quando il concepimento va a buon fine, questo non esime da tutta una serie di rischi che potrebbero presentarsi, come la possibilità di aborti spontanei o di gravidanze extrauterine.

Altre complicazioni nel corso della gravidanza potrebbero essere eventuali emorragie, gestosi, placenta previa, difficoltà a partorire in modo naturale.

Per il neonato invece potrebbero manifestarsi basso peso alla nascita e prematurità.

La cura dell’endometriosi richiede una valutazione accurata ed attenta della situazione. Purtroppo ad oggi non esiste una terapia risolutiva al 100%. Quando la gravità del quadro è minima, alcuni medici potrebbero suggerire di attendere, in quanto potrebbe verificarsi anche una remissione spontanea. Per tutti gli altri casi, quando i sintomi rendono l’endometriosi una malattia invalidante a tutti gli effetti, si può optare per il trattamento farmacologico o per l’intervento chirurgico.

Chi sceglie questa via dovrà assumere una terapia ormonale (la classica pillola contraccettiva) che vada a contrastare gli estrogeni. In questo modo, inibendo la loro azione, si impedisce di andare a stimolare il tessuto endometriale. Di certo non è una terapia risolutiva, ma aiuta molto a tenere a bada i sintomi. Accanto a questa, si affiancano sempre degli antidolorifici. Il limite di questo intervento è che, una volta sospesi i farmaci, tutto torna come prima.

Chi opta per un’operazione chirurgica, ha due strade dinnanzi a sé. Si può valutare una laparoscopia per eliminare unicamente le cisti e risolvere anche il problema della sterilità. C’è da dire che vi è comunque una probabilità minima che la patologia torni a ripresentarsi dopo qualche anno. Oppure si procede con un intervento più drastico accompagnato da isterectomia e ovariectomia. Si procede con quest’ultima modalità solo quando la donna non è interessata ad una successiva gravidanza. Generalmente viene anche consigliata solo alle donne in età avanzata proprio per il suo carattere invasivo.

Purtroppo ad oggi non è possibile seguire strategie di prevenzione contro questa patologia.

Anche le cure naturali per l’endometriosi non sono risolutive, ma possono aiutare a tenere a bada i sintomi e a condurre uno stile di vita più sano.

Prima di intraprendere qualcuno di questi rimedi, rivolgetevi sempre ad un professionista qualificato ed evitate il fai da te.

Per l’omeopatia possono essere utili la Magnesia Phosphorica, uno dei sali di Schussler, che attenuta i crampi e la Silicea che va ad inibire la riproduzione dell’endometrio. Il KaliPhosphoricum è invece utile per il senso di spossatezza.

Tra i rimedi fitoterapici si consigliano la bardana, il tarassaco e il cardo mariano. L’achilleaaiuta a contrastare le perdite di sangue, mentre la spirea ulmaria funge da analgesico e antinfiammatorio.

Efficaci contro gli spasmi pelvici sono anche l’angelica cinese e la radice di liquirizia.

Anche una corretta dieta può aiutare a contrastare i sintomi dell’endometriosi. Fate il pieno di vitamina A, vitamina C vitamina E. Via libera anche allo zinco e al selenio

Consumate cereali integrali, olio di semi di lino e frutta secca ricca di omega 3, come mandorlenoci, nocciole.

Consigliati anche i legumi che, essendo ricchi di fitoestrogeni, tengono a bada l’effetto degli estrogeni. Riducete invece i latticini, l’alcool, la carne rossa, l’avena e la segale (ricchi di estrogeni), la caffeina.

Alessia di Tuttogreen