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CHI HA RAPITO GLI ORSACCHIOTTI?

  • Categoria: Concorso
  • Pubblicato: Giovedì, 01 Dicembre 2016 00:00
  • Scritto da ADMIN

 

orso polare

Onofrio uscì dall’acqua disperato: non aveva trovato nulla di commestibile proprio come i giorni precedenti. Niente foche, niente beluga, niente narvali, solo qualche pesciolino impossibile da acchiappare.

Lo stomaco reclamava cibo da tempo immemorabile e ormai il suo corpo stava perdendo peso in maniera preoccupante.

“Salve Onofrio,” lo salutò Olinda, la sua compagna. “Niente neppure oggi?”

“Purtroppo no. Otello mi ha invitato ad andare con lui e i suoi fratelli alla stazione di servizio degli umani: sembra che là ci siano molti rifiuti che potrebbero essere adatti a noi orsi. Vuoi venire anche tu? potresti trovare qualcosa per i piccoli.”

“Loro hanno meno problemi di noi: li sto ancora allattando. Comunque vengo molto volentieri. Non sarà pericoloso avvicinarci agli umani? Sai che i loro bastoni di fuoco ci possono uccidere.”

“Sì, lo so, ma se non corriamo qualche rischio, moriremo di fame…”

“Per quando è programmata la partenza?”

“Oggi tra un paio di ore. Ma ti fidi a lasciare soli i piccoli?”

“No, con tutti gli affamati che circolano, non vorrei che fossero sbranati da qualche orso disperato. Ma, del resto, che posso fare? Se li portassi con noi, potrebbero impedirci la fuga in caso di pericolo. Tu che cosa suggerisci?”

“Non saprei. Però forse sarebbero più sicuri con noi.”

“Non mi fido di Otello: è sempre stato un orso aggressivo, e i suoi fratelli magari lo sono anche di più.”

“Hai ragione Olinda. Allora potresti nasconderli o affidarli a tua sorella. In fondo anche lei ne ha uno dell’età dei tuoi.”

“Hai ragione Onofrio. Vado subito a chiederle se mi fa questo favore e poi torno.”

Olinda si allontanò con una luce di speranza negli occhi.

Fu fortunata perché la sorella accettò di buon grado di occuparsi dei piccoli, chiedendo in cambio che Olinda portasse un po’ di cibo anche a lei.

Concluso l’accordo, l’orsa tornò da Onofrio e insieme si unirono a Otello e ai suoi tre fratelli.

Andarono e andarono, un po’ correndo e un po’ camminando, finché giunsero in vista dell’accampamento.

Accanto alle baracche una distesa di contenitori faceva bella mostra di sé.

La comitiva si avvicinò silenziosamente fino a raggiungere i primi contenitori. Otello fu il primo a sollevarne un coperchio e a rovesciarne il contenuto sulla neve.

Una puzza tremenda riempì l’aria, ma agli orsi parve una leccornia che sarebbe servita ad attenuare i crampi della fame.

I contenitori furono tutti rovesciati e il contenuto sparpagliato intorno.

Mentre il banchetto era in corso, un cane iniziò ad abbaiare, forse intendendo avvisare gli umani di quanto stava accadendo.

Otello si avvicinò e con una violenta zampata mise a tacere per sempre il poverino che, legato alla catena, non si era potuto mettere in salvo.

Il corpo del cane fu divorato in meno di dieci minuti.

“Che fai Olinda?” chiese Otello vedendo l’orsa che aveva conservato una zampa.

“Ho promesso di portare qualcosa a mia sorella che mi tiene i piccoli…”

Una luce di interesse apparve negli occhi dell’orso che non disse più nulla.

Alla catena stavano legati altri tre cani che fecero tutti una brutta fine.

Sazi e soddisfatti, gli orsi si apprestavano a fare ritorno alle loro tane, quando un uomo si affacciò alla porta di una baracca. Osservò la scena e, gridando improperi irriferibili, chiuse di scatto la porta.

“Via, via, di corsa,” ordinò Otello alla brigata.

Senza incidenti i nostri arrivarono alle loro tane.

Raccontarono ai loro amici, che non li avevano seguiti, l’avventura e batterono le loro zampe sulle pance soddisfatte.

Olinda si recò dalla sorella alla quale consegnò una zampa e un cuore di cane, ringraziandola della collaborazione e riprendendo con sé i due figli.

Tornata nella sua tana, allattò i piccoli e poi cadde in un sonno profondo, soddisfatta del festino appena terminato.

Quando si svegliò, qualche ora dopo, i piccoli erano scomparsi.

La povera Olinda corse fuori della tana, chiamò, rugliò, bramì disperata, senza tuttavia ottenere risposta.

Allora si precipitò da Onofrio, gli raccontò ogni cosa, piangendo e pregandolo di aiutarla a trovare i loro figli.

“Ma io non so dove cercare… lasciami pensare un attimo. Ci sono, andiamo subito da Hercule Orsot, è un bravissimo investigatore che ha risolto molti casi simili, e vedrai che lui ci potrà aiutare.”