SOLUZIONE DE "CHI HA RAPITO I LEPROTTI DI CORI?"

 

LEPROTTI

Chi ha rapito i leprotti di Cori?

Con il terrore diffuso in tutto il corpo, Cori correva disperatamente verso la sua tana, inseguita in lontananza dall’abbaiare veemente dei cani. A un dato momento incrociò Giuseppe, il suo compagno, che si accorse subito del problema e: “Cercherò di portarmeli dietro, tu raggiungi i piccoli. A più tardi.”

Il leprotto si portò sulla scia di Cori, ma poi deviò verso sinistra e i cani, ignari della sostituzione, lo seguirono.

Giuseppe era la lepre più veloce della zona – la civetta Cosima aveva stimato che raggiungesse ben settantacinque chilometri l’ora – così non gli fu difficile seminare i cani, ormai stremati dal precedente inseguimento.

Nel frattempo Cori era giunta alla tana, dove la attendevano tre leprotti di pochi giorni. Si stese accanto a loro e li allattò. Poi li leccò bene e, poiché la sera era calata con gran premura, se ne andò in cerca di cibo per lei e loro.

Giuseppe intanto, facendo un largo giro per non indicare con le sue impronte odorose il luogo dove i piccoli erano nascosti, arrivò alla tana. Si stese accanto ai leprotti quasi senza fiato. Quando vide che i piccoli non tentavano di suggere il latte da lui, comprese che Cori li aveva già allattati ed era andata quindi alla ricerca di cibo.

Sospirò, si alzò e si allontanò per cercare le ghiande che erano la sua passione. Trovò prima del saporito trifoglio e delle gustose bacche, poi del fieno profumato ma di ghiande neppure l’ombra.

Si accontentò e si mise in marcia per rintracciare la sua compagna.

Sentiva il suo odore e seguiva il lieve scalpiccio delle sue zampe: non doveva essere lontana.

La vide infine e la chiamò in un soffio.

“Salve Giuseppe,” lo accolse lei. “Grazie per prima, se non ci fossi stato tu, non so se me la sarei cavata.”

“Oh, di nulla Cori. Sono stato a vedere i piccoli e mi sembra che crescano bene.”

“Sì, sono molto soddisfatta anch’io”

Mangiarono a sazietà i due, quindi ritornarono alla tana per scoprire che i leprotti erano scomparsi.

“I miei piccoli!” piangeva Cori, “chissà chi li avrà predati. Non li vedrò mai più. Come farò senza di loro? Aiutami Giuseppe, ti prego. Andiamo a cercarli,”

“Ma Cori, non sono stati predati, altrimenti ci sarebbero sangue e ciuffi di pelo. Io, tra l’altro sento odore di umani, non di predatori. Non pare anche a te?”

Cori mise il naso a terra e odorò intensamente tenendo la bocca socchiusa.

“Sì, hai ragione. Qualche umano ha trovato i piccoli e ha pensato che fossero abbandonati. Non sanno gli umani che noi lepri ci nutriamo di notte per evitare di fare cattivi incontri?”

“Non ne ho idea. Però ora bisogna che cerchiamo i piccoli. Se un umano se ne è impossessato, non riuscirà ad allevarli, moriranno tutti.”

“Ma dove vuoi che andiamo tu ed io a cercarli?”

“Mi è venuta un’idea. Andrò da Hercule Leprot ad affidargli l’incarico di ritrovare i nostri piccoli. Lui è l’investigatore migliore al mondo. Sei d’accordo?”

“Sì caro. Corri subito da lui, sono molto in pena.”

Di seguito la soluzione premiata di Maria:

Hercule Leprot accettò l’incarico e iniziò le ricerche. Aveva acquistato per dieci saporitissime ghiande una lozione, inventata da un suo lontano cugino, che eliminava l’odore selvatico delle lepri che tanto attirava i cani. Si avvicinò così in tutta tranquillità alle prime case che incontrò all’uscita dal bosco. Dopo aver fiutato sei abitazioni, nella settima sentì l’odore caratteristico delle lepri. La porta presentava una gattaiola che Hercule infilò senza esitazione (i gatti gli piacevano e non aveva mai avuto problemi con loro). Dopo aver esaminato con cura tre stanze, scese le scale e, in cantina, trovò mamma gatta che stava allattando i suoi piccoli. Accanto piangevano tre leprotti (di certo quelli di Cori) che imploravano di essere riportati dalla loro mamma. Hercule si presentò a mamma micia e, dopo diversi complimenti sinceri sulla bellezza dei suoi quattro micini, spiegò la situazione. “Non berranno mai il tuo latte. I cuccioli di lepre, lontano dalla loro madre, muoiono!” La micia pensò qualche secondo, quindi propose all’investigatore di aiutarlo a riportare i leprotti nella loro tana. Hercule se ne caricò due sulla schiena e mamma gatta ne prese uno per la collottola. Andarono e andarono nella notte finché giunsero in vista della tana. Stavano per riconsegnare i leprotti a una Cori piangente di felicità, quando comparve un cane randagio che, con la bava alla bocca per la certezza dell’imminente pasto, cercò di papparsi Cori. Allora mamma gatta gli salì sulla testa e cominciò a graffiarlo minacciando: “Se non te ne vai subito, ti graffio gli occhi!” Il cane guaiva e guaiva, chiedendo pietà e promettendo di non mangiarsi le lepri. Però i leprotti con mamma Cori dovettero cambiare tana per evitare altre visite indesiderate. La gatta, volendo premiare la buona volontà del cane, lo invitò a seguirla. Il cane fu adottato dalla famiglia di mamma gatta e tutti vissero felici e contenti.