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PRISSIE, DOLCE PRISSIE

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Domenica, 19 Aprile 2020 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

 

Prissy 18.11.18 FILEminimizer

Piove, anzi diluvia. Non so dove stare. Schizzi di acqua raggiungono ogni rifugio che scelgo per ripararmi. Sono ormai bagnata fradicia.

Finalmente! Un garage aperto apparecchiato con cucce soffici e asciutte, crocchette, cibo umido e acqua.

Non ci sarà qualche trabocchetto? Mi guardo intorno circospetta, ma mi pare proprio che sia tutto a posto.

Mentre sto sgranocchiando qualche crocchetta, sento il fetore di un maschio che si avvicina.

Lascio il paradiso e con una corsa frenetica mi lancio all’aperto, dove l’acqua compie il suo dovere.

Ora sono salita sul tronco di un albero, invitata da un paio di merli fischiettanti. Che cosa avranno mai da cantare sotto questo diluvio!

Tra le fitte fronde la pioggia è meno violenta, così mi accuccio nell’attesa che spiova. Dopo deciderò che cosa fare della mia vita.

Ripenso al tepore di casa che non avrò mai più. Ho lasciato mamma e un fratello, anzi io non ho lasciato proprio nessuno, sono stata buttata fuori insieme alle mie due sorelle.

Il nostro padrone di casa ci ha rinchiuse in uno scatolone e siamo partiti in auto per destinazioni ignote. Una delle mie sorelle è stata la prima a essere scaricata in un posto che non conosco, poi è toccato alla seconda in un luogo diverso e, per ultimo, a me. Io sono stata la più sfortunata perché, appena liberata, si è messo a piovere e non ha ancora smesso.

Sono giovane, ho appena cinque mesi, tanta voglia di giocare e di sentirmi amata. Se almeno fossi potuta restare con le mie sorelle, ci saremmo fatte coraggio. Avremmo studiato qualche strategia per conquistarci una casa, per cacciare; avremmo giocato, ci saremmo coccolate, aiutate, consolate.

Sta calando la sera, una sera umida e fresca. Sento le mie ossa lamentarsi, lo stomaco reclamare cibo e la mente perdersi nei ricordi di mamma e della mia irraggiungibile famiglia.

Ho deciso di dormire sull’albero: è meno pericoloso che circolare a terra. Per fortuna anche la pioggia è andata a dormire, così mi sistemo alla meglio sulla biforcazione di un grosso ramo e riposo come posso.

Il mattino arriva in fretta, pieno di uccelli canterini. Potessi azzannarne uno! E invece scendo circospetta dal mio rifugio e mi avventuro di nuovo nel garage-paradiso.

Anche stamani il cibo non manca, peccato per quei rompiscatole che circolano in numero esagerato – sono probabilmente gli abitanti – e che cercano tutti di annusarmi.

“Lasciatemi in pace!” miagolo tra un boccone e l’altro, finché proprio non ce la faccio più e mi lancio in una corsa frenetica verso il giardino.

Non sono fortunata oggi perché incontro un altro paio di gatti che mi inseguono chiedendomi: “Chi sei? Che cosa vuoi qui?”

Io fuggo su un terrazzo dove trovo un gattino che mi fa: “Ciao. Mi chiamo Pigi. Vuoi giocare con me?”

“No, voglio solo mettere qualcosa sotto i denti e starmene tranquilla per conto mio.”

“Eh! Che caratterino! Non mi pareva di averti offesa, dunque non capisco una reazione del genere.”

“Hai ragione Pigi, scusami. Stavo mangiando in garage quando sono stata inseguita dai tuoi compagni; sono scappata in giardino e altri due gatti mi hanno importunato. Ma in quanti siete in questa casa?”

“Una ventina circa. Il fatto è che di mattino usciamo tutti, mentre il pomeriggio restiamo in casa. Così, quando siamo fuori, cerchiamo di sfogare la nostra vitalità come possiamo. Del resto non credo che qualche gatto ti abbia importunato. Siamo solo curiosi di sapere chi frequenta i nostri spazi. Tutto qui. Allora che ne dici? Possiamo essere amici?”

“Certamente. Anzi, vorrei chiederti consiglio. Conosci qualche famiglia nei dintorni che mi possa ospitare?”

“Perché non resti qui con me?”

“Qui? Hai detto che siete già in venti. Vuoi che i tuoi padroni di casa abbiano voglia di adottare un altro micio?”

“Potrebbe essere. Gli umani sono talmente imprevedibili!”

“Allora che cosa mi consigli di fare?”

“Per ora giochiamo, poi si vedrà!”

E così Pigi mi ha portata in giro per il quartiere, mi ha indicato i posti dove posso cacciare, quelli dove posso riposare e quelli proibiti, cioè abitati dai cani.

Nel pomeriggio il mio amico è entrato in casa e io, che mi ero già abituata alla sua compagnia, mi sono trovata di nuovo sola. Così ho iniziato a gironzolare sul terrazzo, quando un’umana mi ha notata e ha cercato di avvicinarsi.

Sono volata lontano da lei, non so più se per paura o timidezza.

Anche il giorno successivo Pigi mi ha introdotto ai segreti del quartiere, e abbiamo trascorso insieme tutta la mattinata.

L’umana del giorno prima mi ha offerto una ciotola piena di delizie sul terrazzo. Io, a essere sincera, non ho mangiato con la dovuta tranquillità, perché temevo sempre che l’umana si avvicinasse troppo. Lei invece si è tenuta a distanza, cosa che ho apprezzato molto.

Dopo qualche giorno di questa manfrina, ho acconsentito a essere accarezzata dall’umana. Avevo una paura terribile che mi volesse imprigionare, così, dopo le prime timide carezze, mi sono data a una fuga frenetica.

Oggi è il grande giorno: ho fatto il mio ingresso trionfale nella casa di Pigi. Ormai lui è un amico fidato, l’umana pure, e io ho ritrovato finalmente l’atmosfera famigliare la cui mancanza, da un mese a questa parte, guasta i miei sogni.

Ho rotto qualche soprammobile, sempre per l’abitudine a quelle particolari corse frenetiche che mi catturano in certi momenti della giornata, ma la mia nuova mammy ha solo sospirato, pregandomi di prestare un poco più di attenzione.

Ora faccio parte di questa numerosa famiglia, anche se l’unico che mi sia veramente amico è Pigi, con il quale consumo le mie frenesie serali.

(dal libro Animali, amici miei edito in marzo 2010)