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FELICITA' EQUINA

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Sabato, 28 Novembre 2020 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

felicità equina

“Vieni, Arrigo, andiamo ad assaggiare un po’ di fieno: ho visto che l’hanno portato fresco proprio adesso.”

“Poi posso andare a giocare con Anita? Le avevo promesso di stare con lei tutto il pomeriggio.”

“Per me va bene, però ricordati di mangiare: hai bisogno di cibo per crescere e diventare bello come papà.”

Un nitrito di soddisfazione mi conferma che Arrigo ha compreso.

Sono felice di essere stata accolta in questa struttura. Ora la mia vita è completamente cambiata, e sono finalmente riuscita ad allevare il mio piccolo. I precedenti purtroppo non sono sopravvissuti.

Qui il nostro branco è formato da dieci cavalli: due giovani e otto adulti.

I due puledri amano stare insieme. Io li sorveglio perché le passate esperienze mi hanno resa ansiosa, e ho sempre il timore che possa loro accadere qualcosa di tremendo.

Lo so, lo so, dovrei essere più tranquilla, ma forse ho bisogno di tempo per dimenticare.

Volete conoscere la mia storia? Non ne parlo volentieri, d’altra parte è utile che sappiate quanto dolore può invadere la vita di un cavallo.

Nacqui in un allevamento (o almeno pensavo lo fosse), dove contai almeno trecento individui (c’erano anche degli asinelli e qualche mucca).

Il cibo era scarso, mancava spesso l’acqua – che per noi cavalli è indispensabile –, e nessuno si occupava di quelli che presentavano qualche problema di salute (come diarree, coliche, rogna, bronchiti o polmoniti, piaghe, distorsioni e altre molto più gravi – per non dire mortali – come il tetano o la morva).

I nostri zoccoli erano ferrati e, quando i ferri si deformavano, non venivano sostituiti, cosa che ci provocava gravi problemi alla deambulazione.

Molti di noi (i più deboli) si ammalavano e morivano, ammorbando con le loro carcasse – che non erano rimosse – l’aria che dovevamo respirare.

A due anni conobbi Alfredo e me ne innamorai. Ci sposammo e, dopo undici mesi nacque il mio primo figlio.

Non ebbe vita lunga perché morì quindici giorni dopo per una forte colica: lo vidi cadere a terra, tremando, sudando e dibattendosi tra dolori fortissimi. Nessuno se ne accorse, e lui spirò dopo poche ore.

Piansi tutte le mie lacrime e restai prostrata per molti giorni.

Poi, piano piano, la vita riprese a scorrere. Alfredo mi restò vicino per tutto il tempo e, l’anno successivo, diedi alla luce il mio secondo puledrino.

Anche questo morì un mese dopo, affetto da adenite (ingrossamento delle ghiandole sottomascellari che gli impedivano di nutrirsi e di respirare correttamente). La febbre, che avevo costatato al tocco, divorò le sue residue energie ed egli, dopo un giorno di grave prostrazione, scolo nasale e congiuntivale, mi lasciò sola e disperata.

Neppure Alfredo riuscì a consolare il mio indicibile dolore.

Poi fui attaccata dalla tigna (probabilmente a causa del mio stato di debolezza indotto dalle due perdite subite in così breve tempo).

Avevo macchie ovali e biancastre soprattutto sulla testa e sul collo. Non permisi ad Alfredo di avvicinarmi: non volevo contagiarlo.

Nessuno si preoccupò del mio stato cosicché le macchie confluirono in un’unica, maleodorante e pruriginosa piaga.

Mi convinsi che per me non ci sarebbe stata la possibilità di una vita dignitosa, così iniziai a non mangiare, a isolarmi dagli altri, a lasciarmi andare.

Trascorsero in quello stato di prostrazione un paio di giorni, poi vidi entrare nell’allevamento delle persone sconosciute che scelsero quelli di noi messi peggio, li caricarono su una decina di furgoni e li ricoverarono in diverse stalle.

Io fui molto fortunata perché Alfredo, che avevo contagiato a mia insaputa, fu sistemato nel mio stesso box.

Gli umani che ci seguirono fecero un eccellente lavoro, tanto che di lì a qualche mese (sia per le cure sia per i pasti regolari e, soprattutto, per l’acqua fresca sempre a disposizione) eravamo di nuovo in forma.

Fummo allora trasferiti in questo paradiso, dove corro a zoccoli nudi sull’erba insieme al mio compagno e a mio figlio.

Se la felicità esiste, penso di averla finalmente trovata!

(dal libro La fattoria dei sogni edito in luglio 2015)