LE FARFALLE DI RUFUS

 

rufus

Dal giorno prima non mangiava. Annusava i dintorni cercando qualcosa di commestibile, ma fino a quel momento non aveva trovato nulla, neppure una pozzanghera di acqua.

Camminava lentamente per risparmiare quelle poche energie rimaste e per dar modo alla sua mente di elaborare i dati che vi stagnavano, dati che con il trascorrere del tempo cambiavano troppo velocemente per un cane anziano come lui.

Si sedette sul bordo della strada.

Aveva sperato in un primo momento che i suoi umani lo avrebbero cercato, trovato e riportato a casa, ma, dopo le parole di una volpe anziana che abitava da quelle parti, la speranza si stava scomponendo in tante piccole farfalle colorate e insensate.

“Bau” fece Rufus per scrollarsi di dosso quelle fastidiose farfalle.

“Sai, ho visto tanti casi come il tuo, e nessuno ha mai avuto una conclusione lieta. Oltre quella fattoria laggiù c’è un branco di cani inselvatichiti. Ti puoi aggregare a loro, almeno ti aiuteranno a fare qualche pasto” gli aveva raccomandato la vecchia volpe.

“Bau” affermò Rufus. “Sono sicuro che i miei mi stiano ancora cercando. In fondo sono stato io ad allontanarmi dall’auto…”

Un grosso ratto passò accanto a lui che se ne avvide troppo tardi.

“Se ci sono ratti” pensò, “ci sono immondizie.” E, forte di questo pensiero, si alzò per seguire il percorso dell’animale.

In effetti, dopo una decina di minuti, il suo odorato lo avvisò che qualcosa di puzzolente ma invitante stava per manifestarsi.

Trotterellò quel tanto che le sue gambe indolenzite gli permisero e, oh visione celestiale, ecco una discarica a cielo aperto su cui svolazzavano centinaia di gabbiani.

Si avvicinò ormai zoppicante e cominciò a lappare schifezze che prima non avrebbe degnato di uno sguardo.

Quando fu sazio, si allontanò e si distese sotto un albero, dove, pur tormentato dalla sete, si addormentò.

Al risveglio vide in lontananza alcuni cani che si dirigevano verso di lui.

“Sei solo?” gli chiese il primo che arrivò.

“Sì, mi sono perduto. Ero con i miei umani in auto. Loro si sono fermati a fare benzina, e io mi sono allontanato. Evidentemente mi hanno cercato e, non trovandomi, sono ripartiti senza di me. Siete voi il branco cui ha accennato la vecchia volpe?”

“Sì, se vuoi unirti a noi, sei il benvenuto.”

“Grazie, volentieri. Sapete dove posso bere? Sono due giorni che non trovo acqua.”

Il nuovo amico gli mostrò un rigagnolo che scorreva non molto distante dalla discarica e: “Sarà senz’altro inquinato ma è pur sempre meglio di niente.”

Rufus si dissetò e trotterellò tutto il giorno con il branco, tanto che a sera non riusciva a tenere gli occhi aperti dalla stanchezza.

Nel dormiveglia il nostro amico pensò a tutto ciò che aveva perduto e a come sarebbe stata la sua vita futura, quando gli anni lo avrebbero menomato in qualche funzione vitale.

“Chi si curerà di me?” piangevano i suoi pensieri.

Poi cadde nel sonno.

Una settimana dopo quell’incontro, seguendo il branco che ogni giorno si spostava anche di parecchi chilometri, si trovò improvvisamente nella città in cui aveva vissuto con i suoi umani.

Era eccitato il nostro Rufus, non sapeva più che cosa fare.

Era certo che il suo fiuto lo avrebbe ricondotto a casa in un giorno o due, d’altro canto le farfalle suscitate dalla volpe anziana lo trattenevano per il timore di trovarsi di fronte a un rifiuto. In quel caso non avrebbe avuto più neppure i nuovi amici al suo fianco.

Decise allora di chiedere consiglio al capo branco.

“Facciamo in questo modo” gli propose quest’ultimo. “Noi ti accompagniamo – magari a distanza per non farci scoprire – e, se i tuoi umani ti rifiutano, potrai ritornare con noi.”

Era felice il nostro Rufus che accettò di buon grado.

Due giorni dopo era davanti al cancello della villetta, dove aveva vissuto per ben dieci anni.

Abbaiò.

Nessun segnale.

Si sedette allora sul marciapiede nell’attesa che qualcuno dei suoi si presentasse.

In lontananza intravedeva qualche dorso dei suoi compagni che attendevano a distanza gli sviluppi della situazione.

“Rufus!” chiamò una voce nota di ragazzino.

“Bau” rispose il cane che si lanciò in un abbraccio fraterno con il suo piccolo amico.

I due si rotolarono sul selciato con il ragazzino che piangeva e rideva contemporaneamente e il cane che guaiolava di felicità.

Arrivarono anche i genitori che si guardarono costernati, facendo tuttavia buon viso a cattiva sorte.

“Mamma, papà” singhiozzò il ragazzino. “Rufus è tornato!”

“Lo vediamo caro. Ora entriamo. Tuo padre e io dobbiamo proporti una cosa. È meglio che il cane resti fuori. Vieni.”

“Perché chiami Rufus <<il cane>>? E perché deve restare fuori? Questa è ancora casa sua!” si inalberò il ragazzino entrando in casa con il cane.

La madre sospirò: “Senti tesoro. Rufus è vecchio ormai, e noi non possiamo più seguirlo. Se proprio vuoi un cane, ne possiamo prendere uno giovane, un cucciolo.”

“Non capisco mamma. Perché non possiamo seguire Rufus? Che cosa ce lo impedisce? Anche nonna è vecchia, ma tu non l’hai rifiutata.”

“Sono due cose completamente diverse: tua nonna è mia madre – e del resto non saprebbe neppure dove andare se non la tenessi io – Rufus invece è un cane. Quando un cane invecchia, si ammala, riesce a malapena a camminare a causa dell’artrosi, a volte diventa incontinente… insomma io non voglio grane di questo genere. Quindi porteremo Rufus in campagna e lo lasceremo là: vedrai che si arrangerà come ha fatto in questi giorni.”

Il ragazzino elaborò per qualche minuto le informazioni ricevute, quindi: “È d’accordo anche papà?”

A un cenno di assenso di sua madre, il ragazzino accarezzò il cane, facendogli cenno di seguirlo e dirigendosi verso la porta.

“Dove stai andando?” domandò la madre.

“Se non volete più Rufus – senza neppure chiedere il mio parere – io me ne vado con lui. Siamo cresciuti insieme e lo conosco da quando conosco voi. Gli voglio bene e non mi importa se è vecchio o malato, per me lui è il mio Rufus, e questo mi basta.”

“Tu non puoi andartene da casa” intervenne allora il padre. “Sei minorenne e devi vivere con la tua famiglia…”

“Appunto, ora la mia famiglia è Rufus: sono certo che lui si prenderà cura di me meglio di quanto abbiate fatto voi finora!”

(dal libro La fattoria dei sogni edito in luglio 2015)