Login Form

LE FERITE DEL CIELO

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Domenica, 20 Novembre 2022 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

le ecofavole

“Hai notato, Gemma, che da un po’ di tempo a questa parte il Cielo è molto triste?”

“Sì, l’ho notato e vorrei proprio conoscerne il motivo.”

“C’è un unico modo per questo: andiamo a chiederglielo!” propose Artemisia.

“Sai benissimo quanto è scontroso il Cielo. Figurati se dà retta a due fatine come noi!”

“Potrebbe aver bisogno di aiuto e, se questo è il caso, sarà felice di condividere le sue pene con noi,” ragionò la nostra Artemisia.

“Hai ragione. Allora facciamo in questo modo. Domani mattina saliremo da lui molto presto, magari prima dello spuntar del Sole. Sai che è un impiccione e potrebbe darsi che il Cielo non volesse parlare davanti a lui.”

“Benissimo, a domani. Va bene per le quattro?”

“Sì, Artemisia. A domattina. Buona giornata, cara.”

“Anche a te, amica mia.”

Le due fatine si separarono per andare al lavoro. Gemma si occupava della flora – che manteneva irrorata e nutrita – e Artemisia della fauna – di cui ascoltava i problemi che cercava sempre di accomodare.

Non che fossero fate con poteri eccezionali, anzi a volte combinavano qualche pasticcio a causa delle loro convinzioni – si ritenevano fate potenti –, ma tutto ciò che facevano era a fin di bene.

Il mattino successivo – era ancora buio e anche un po’ freddo – le nostre amiche si incontrarono, si stropicciarono gli occhi e, mano nella mano, volarono sopra le montagne più alte, verso il volto corrucciato del Cielo.

Giunte a destinazione, prese la parola Gemma, che delle due era la più anziana.

“Buon giorno Cielo. Come va?”

“Uno schifo, grazie, e voi?”

“Santo cielo, che cosa ti sta succedendo?” domandò con una certa preoccupazione Artemisia.

“Oh, è una lunga storia. E non voglio certo annoiarvi.”

“Di’ pure, siamo venute a sentire che cosa ti angustia perché abbiamo notato da qualche tempo che in te c’è qualcosa che non va. Quindi vedi bene che siamo disponibili ad ascoltarti,” ragionò Gemma.

“Siete molto gentili, fatine, ma preferisco tenere per me i miei problemi, tanto non c’è soluzione!”

“Non siamo fate onnipotenti, ma abbiamo pur sempre dei poteri per correggere gli errori che accadono di tanto in tanto… anzi spesso,” propose Artemisia.

“Non ora, vi prego, devo badare ai fatti miei. E poi tra poco spunterà il Sole, e non mi va proprio che sappia dei miei problemi. Vi propongo di vederci stasera, dopo le nove. È troppo tardi?”

“Oh no, per noi va benissimo, vero Artemisia?

“Certo, cara. A stasera, caro Cielo, e buona giornata.”

Le due fate fecero ritorno a terra che ormai albeggiava. Si stesero tra i petali di un fiore per riposare un poco e quindi iniziarono il loro lavoro.

La sera si fecero belle e andarono all’appuntamento, dove arrivarono qualche minuto prima.

Il Cielo apparve all’improvviso con diversi cerotti sul volto, tanto che le fatine, preoccupate, estrassero subito le bacchette magiche per alleviare i dolori del loro amico.

“No, no, non fa niente!” esordì il Cielo.

“Ma che cosa ti è accaduto? Chi è stato a conciarti così?”

“Il mio problema è questo. Ogni giorno aerei, razzi, elicotteri e altre diavolerie del genere sono lanciati nell’aria e mi procurano queste ferite. A volte mi stufo e impartisco qualche lezione a quei presuntuosi di umani che sono convinti di poter fare tutto ciò che gli passa per la testa. Ma poi penso che, come il solito, paghi sempre chi non ne ha colpa, e allora lascio perdere.”

“Santo cielo, non avevamo idea che tu soffrissi in questo modo!” esclamò Gemma.

“Se è solo per le ferite, noi ci potremmo impegnare a risanartele ogni giorno, basta che tu ci fissi un appuntamento,” propose Artemisia.

“Oh, ma non è solo quello! Le ferite sono dolorose, è vero, però nel giro di qualche giorno guariscono. È tutto il resto che non va.”

“Racconta, dai, racconta, chissà che possiamo fare qualcosa.”

“Tutte quelle macchine volanti che gli umani usano per i loro spostamenti inquinano l’aria, consumano grandi quantità di carburante – che potrebbero servire per altri usi – e disturbano i miei amici uccelli. Vedete bene quanti problemi solo per evitare perdite di tempo. Perché è questo il motivo per cui sono usati gli aerei: gli umani non vogliono perdere tempo per gli spostamenti via terra.”

“Davvero è per quello? Ma, scusa, hanno inventato tante cose complicate, perché non ne inventano una meno inquinante per muoversi nello spazio e nel tempo?” domandò Gemma.

“Ho provato a entrare nei sogni degli umani che ritenevo più intelligenti per suggerire loro qualche nuovo mezzo di trasporto, ma pare proprio che la maggioranza non voglia cambiare. Pensate, fatine, che esiste già un progetto di automobile a idrogeno.”

“Da dove viene estratto l’idrogeno?” chiese Gemma.


“Esistono diversi metodi, ma quello meno inquinante è dall’acqua, attraverso l’elettrolisi a temperature elevate (850-1000 gradi).”

“E per gli aerei? O gli altri, come si chiamano? Ah sì i razzi?” volle sapere Artemisia.

“Per quelli ho una mia idea: la propulsione solare. Pensate, se un aereo avesse sulle ali milioni di cellule fotovoltaiche, potrebbe volare senza consumare una sola goccia dei tradizionali carburanti. Ma il cammino per arrivare a questi importanti traguardi è ancora lungo e, soprattutto, manca la sensibilità degli umani.”

“Povero amico, ora comprendiamo quanti problemi ti tormentino. Ma non scoraggiarti! Ti promettiamo di pensare a qualche soluzione: chissà che con la nostra magia riusciamo ad aiutarti almeno un pochino,” lo consolò Artemisia.

“Vi ringrazio, siete molto gentili, non è facile trovare persone tanto comprensive.”

“Oh, di nulla, caro, sappiamo quanto è essenziale il tuo lavoro e desideriamo che tu sia tranquillo. Allora, appena avremo qualche novità, verremo a trovarti,” propose con entusiasmo Gemma.

Le fatine tornarono a terra molto pensierose. Si erano impegnate a pescare nella loro vena creativa qualche soluzione, ma le ore scorrevano senza che le nostre eroine riuscissero nel loro intento.

“Un momento,” quasi gridò Artemisia, “il Cielo ci ha già indicato la strada da seguire. A noi spetta solo il compito di introdurla in qualche cervello umano adatto. Eh, che cosa ne dici?”

“Geniale!” esclamò Gemma ammirata. “Però dobbiamo trovare le persone giuste.”

“Certo non sarà facile,” titubò Artemisia.

“Sì, ma non scoraggiamoci adesso. Senti che cosa ho pensato. Chiediamo a Fiorella e Fauna di sostituirci nel nostro lavoro, mentre noi cerchiamo i soggetti idonei.”

“Gemma, quando ti ci metti, sei formidabile. Bene, il primo passo è compiuto. Da domani potremo interamente dedicarci alla nostra missione.”

Le due fatine, una volta ottenuta la disponibilità delle loro colleghe, andarono a dormire serene.

L’indomani, dopo aver salutato il bosco dove vivevano, si librarono nell’aria per iniziare la loro ricerca.

Andarono per valli e monti, sorvolarono mari e fiumi finché giunsero, affaticate ma incrollabili, in riva a un laghetto verde – poco più di una pozza – incastonato tra ubertose colline. Decisero di prendersi qualche ora di riposo e si addormentarono profondamente sulla riva del lago.

Il giorno successivo furono svegliate da un rumore insolito: un contadino stava raccogliendo del fieno per i suoi animali fischiettando una canzone.

“Vuoi che proviamo con questo individuo?” sussurrò all’amica Artemisia.

“Uhm, non so, parliamogli prima.”

Le fatine si trasformarono in due ragazze, si avvicinarono all’uomo, chiedendo informazioni sui dintorni.

Durante il colloquio, appresero che Losanna, una città a poca distanza dal luogo dove si trovavano, era famosa per la sua università.

Con una luce di speranza negli occhi, le fatine ringraziarono e si accomiatarono.

In men che non si dica raggiunsero la loro meta, una ridente città costruita su un colle ai cui piedi si pavoneggiava un lago – stavolta un vero lago – simile a un gioiello.

Si fermarono solo pochi istanti le nostre amiche per ammirare quello stupendo paesaggio, poi si diressero verso l’università.

“Che cosa andiamo a fare laggiù?” chiese a un certo punto Gemma.

“Potremmo chiedere di iscriverci e, una volta dentro, ci sarà facile sondare gli animi delle persone.”

“Oh beh, io sono troppo vecchia per essere una studentessa,” replicò piccata Gemma, “se vuoi, possiamo proporci come insegnanti.”

“Ottima idea! Meno male che tu hai fantasia,” sorrise soddisfatta Artemisia.

“La fantasia non basta. Dobbiamo studiare un piano credibile. Per esempio, per che materia proporci come insegnanti e come presentare le richieste.”

“Io direi che potremmo insegnare botanica,” asserì decisa Artemisia.

“Andrà bene per una sola di noi due. Quando mai un’università assumerebbe due insegnanti per la stessa materia? Ammesso che esista una facoltà di botanica!” esclamò Gemma di malumore.

“Allora potremmo fare così: andiamo a frugare negli archivi e vediamo che cosa scopriamo.”

“Ottima idea, cara,” sorrise finalmente Gemma.

Le due eroine, con un tocco delle loro bacchette magiche, divennero invisibili, si intrufolarono negli uffici amministrativi e iniziarono a scartabellare diversi documenti.

Quel loro comportamento mise in allarme per qualche minuto i presenti che vedevano le carte muoversi senza che qualcuno le manipolasse.

In fretta e furia Gemma mise fine all’allarme creando una corrente d’aria che scompigliò l’ordine per cui era famosa l’università.

“È meglio che torniamo quando se ne saranno andati tutti, così non creeremo problemi,” propose Artemisia.

“Hai ragione, cara. Nel frattempo andiamo a visitare i dintorni, metti che ci sia bisogno di qualche nostro intervento.”

Girovagarono le nostre eroine finché cadde la notte, dopodiché tornarono negli uffici, dove, con la dovuta calma, si dedicarono a ricerche accurate.

Dalle quali emerse – primo – che l’insegnante di lettere antiche si era appena sposata e avrebbe abbandonato definitivamente l’insegnamento, e – secondo – che la direzione non era soddisfatta del professore di chimica.

L’indomani, sotto le spoglie di due signore di mezza età, Artemisia e Gemma si presentarono all’università, chiesero di parlare con il rettore al quale proposero la loro candidatura per le due materie scelte.

Ovviamente furono accolte con grande entusiasmo e, tempo una settimana, si insediarono nei posti assegnati.

Tra i loro colleghi, uno in particolare le colpì per la sua intelligenza e disponibilità. Era il professore di medicina con specialità psichiatria.

Le nostre fatine, dopo aver analizzato ogni sua caratteristica, ritennero di aver trovato la persona giusta per il loro progetto, tanto più quando seppero che quel signore aveva al suo attivo diversi voli in mongolfiera.

Chiesero allora un appuntamento al Cielo, gli parlarono del loro piano, e si fecero spiegare per filo e per segno che cosa dovevano introdurre nella mente del collega.

Il Cielo era – possiamo dirlo? – al settimo cielo e, dopo aver istruito minuziosamente le sue amiche, le salutò con un calore che gli era insolito.

Non ci volle molto alle fatine per far balenare l’idea giusta al loro amico che iniziò a lavorarci in ogni momento libero, di giorno e di notte.

Il risultato fu eccezionale!

Avrete certamente sentito parlare di quel famoso aereo, chiamato Solar Impulse, alimentato dai pannelli fotovoltaici presenti sulle sue ali, aereo che ha già compiuto con successo diversi voli sperimentali.

E speriamo che questo sia solo l’inizio!

(dal libro “Le Ecofavole” di Maria Grazia Sereni edito in luglio 2011)