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STUPRO COME ARMA DI GUERRA

 

PRAMILA PATTEN

Anche le donne coinvolte nelle guerre odierne, costrette a fuggire da situazioni di conflitto e di grave povertà, diventano spesso vittime di stupro, storicamente utilizzato come arma di guerra.

Pramila Patten, Rappresentante speciale del Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, per le violenze sessuali nei conflitti, in una dichiarazione ufficiale dello scorso 21 gennaio, ha fatto sapere di essere “estremamente preoccupata” per le gravi accuse di violenza sessuale nella regione etiope del Tigray, nella cui capitale, Makallé, è stato rilevato un numero elevato di presunti stupri. Patten è piuttosto indignata per quanto sta accadendo nel Tigray, dove, dal 4 novembre 2020, è in corso un violento conflitto che oppone le forze militari filo-governative ai “ribelli” etiopi del TPLF (Tigray People’s Liberation Front).

La rappresentante ONU ha anche riportato che alcuni individui sarebbero stati costretti, con minacce di violenza, a stuprare membri della loro stessa famiglia. Inoltre, alcune donne sarebbero state obbligate dai militari a compiere atti sessuali in cambio di beni di prima necessità. Nel frattempo, i centri medici della regione hanno rilevato un repentino aumento della domanda di contraccezione di emergenza e del numero di test effettuati per le infezioni sessualmente trasmesse (Ist), due indicatori di violenza sessuale in situazioni di conflitto. Giungono numerose segnalazioni di violenza sessuale anche contro donne e ragazze che vivono in alcuni campi profughi dell’area.

L’appello della rappresentante ONU

Consapevole dell’instabile situazione di sicurezza, delle precarie condizioni in cui versano i civili (in particolar modo i rifugiati) e delle numerose restrizioni di accesso in molte aree del Tigray, Patten invoca tolleranza zero per gli inaccettabili crimini di violenza sessuale e chiede che agli operatori umanitari e alle agenzie indipendenti per la tutela dei diritti umani siano immediatamente concesse, senza condizioni e in maniera continuativa, le dovute autorizzazioni, in linea con il diritto internazionale umanitario e a difesa dei diritti umani universali.

Il dramma dei rifugiati e degli sfollati interni

Come osservato da Patten, sarebbe necessario garantire non solo un massiccio intervento umanitario, ma anche adeguati servizi di assistenza psicologica e medica all’interno dei campi profughi del Tigray. Questi ultimi ospitano sia sfollati interni che rifugiati, talora sottoposti ad abusi di ogni genere, tra cui violenze sessuali. Mentre oltre 5.000 rifugiati eritrei vivono in condizioni di estrema indigenza a Scirè e nelle zone limitrofe, e molti di loro trascorrono la notte all’addiaccio, senza acqua e senza cibo, almeno 59.000 etiopi hanno abbandonato il proprio paese per trovare rifugio nel vicino Sudan. Secondo le stime ONU, oltre il 25 percento dei rifugiati sono donne e ragazze in età fertile.

Nella regione sono piuttosto scarsi i fondi destinati ai servizi medici essenziali ed è ancora limitata l’assistenza alle vittime di violenza sessuale, con gravi conseguenze soprattutto in termini di salute sessuale e riproduttiva. Per migliorare la situazione, sarebbero vitali i cosiddetti “dignity kits”, i kit post-stupro, oltre a interventi di supporto psicosociale e trattamenti individualizzati per prevenire la trasmissione di malattie quali HIV e altre malattie sessualmente trasmissibili.

L’inerzia del governo etiope

L’OCHA, Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, ha confermato che, malgrado siano stati già siglati due accordi con il governo dell’Etiopia, non è impresa facile consentire l’ingresso dei convogli umanitari. Almeno un terzo delle richieste viene respinto e dopo lunghe trafile di inutile attesa i lasciapassare ottenuti sono ben pochi. Giunti sul campo, i camion vengono spesso fermati per futili motivi dai militari di stanza in Tigray.

Pur prendendo atto delle importanti missioni di monitoraggio e delle indagini condotte di recente dalla Commissione etiope per i diritti umani (Ethiopian Human Rights Commission – EHRC) nel Tigray occidentale e nella regione dell’Amhara, Patten chiede al governo dell’Etiopia di ottemperare ai suoi obblighi di due diligence sia per proteggere i civili − a prescindere dalla loro origine etnica − dagli stupri e da altri tipi di violenza, sia per tutelare i numerosi sfollati interni del conflitto. Ciò consentirebbe l’avvio nel Tigray di un’indagine indipendente sui presunti reati di violenza sessuale ovvero su altri reati associabili a simili forme di violenza, per risarcire le vittime degli abusi e prevenire ulteriori gravi violazioni dei diritti umani nel paese.

Fonti: United Nations/OCHA/Reuters

Donatella Vincenti