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SOLUZIONE Di "ridatemi il mio rocchetto"

  • Categoria: Concorso
  • Pubblicato: Domenica, 01 Ottobre 2017 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

ridatemo il mio rocchetto

Vieni Loreto, vieni qua accanto a me. Oggi sono molto giù.”

“Ti senti bene Loretta? Mi sembri un po’ stanca.”

“Lo sono Loreto. Avrei tanta voglia di aprire le ali in voli liberi, sentire i raggi del sole sulle piume, farmi accarezzare dal vento, essere sciolta dalle pastoie che ci tengono legati a questa vita grama.”

“Via, via Loretta. In fondo non stiamo male qui. La gabbia è un poco stretta, il cibo non è eccellente, però il nostro umano ci vuole bene. Guarda quanti giochi ci ha comprato!”

“Beh, allora dai, giochiamo, almeno non penserò al buio della mia esistenza.”

Prendo un grosso pezzo di legno, ne porgo un’estremità a Loreto e iniziamo entrambi ad affilarci il becco.

Ci metto tutta la rabbia che questa cattività mi ha suscitato – fino a due settimane fa volavo libera in Australia – e infine mi calmo un po’.

Loreto, che mi ha accolta come una principessa, mi sta spesso vicino e mi aiuta a superare le crisi.

Se non ci fosse lui, mi sarei già lasciata morire di inedia.

Che bel rocchetto rosso! Non l’ho mai visto prima. Amo il rosso: è il mio colore preferito.

Così chiedo a Loreto se posso tenerlo, e lui me lo concede volentieri: “Basta che tu sia contenta,” mi informa.

Giochiamo come matti fino a sera, costruendo anche torri che franano subito dopo la costruzione perché composte di materiali che non si sostengono uno con l’altro.

La sera torna il nostro umano che ci offre squisiti bocconcini per cena.

Oggi ho appetito, saranno state tutte le calorie consumate duranti i giochi, sta di fatto che, per la prima volta da quando sono stata catturata, mi sento leggermente euforica.

La notte i miei sogni sono i soliti: alberi altissimi con rami nodosi su uno dei quali ho nascosto il nido con i miei piccoli. Che sono morti tutti, insieme al mio adorato compagno, Orlando.

Mi sveglio di soprassalto pigolando un lamento.

Accanto a me dorme profondamente Loreto.

La sua serenità mi rincuora, e io ripiombo nel sonno con gli incubi che si riprendono la mia mente: Orlando che si è immolato per salvare la mia vita; il nido completo dei miei piccoli che si schianta a terra insieme al ramo che gli umani hanno tagliato; i miei piccoli che mi invocano terrorizzati e il terrore che me li toglie tutti, così, all’improvviso.

Di nuovo mi sveglio, di nuovo pigolando il mio dolore, ma ormai le cose sono avvenute, e io non posso fare nulla per ritornare indietro.

Sono stata catturata perché, stupidamente, sono corsa in aiuto dei miei figli che erano lo scopo di tutte le attività umane.

Quando essi morirono di spavento, i nostri aguzzini si accontentarono di me. E ora eccomi qui. A chiedermi perché tanta crudeltà; a chiedermi perché tanta ingiustizia; a chiedermi perché i malvagi hanno sempre il sopravvento.

È l’alba ormai.

Il nostro umano non è malvagio come la maggior parte dei suoi compagni, ma non è neppure buono. Se lo fosse non ci terrebbe rinchiusi in questa gabbia a misura di cardellino.

Stamani l’umano che ci accudisce ha deciso di farci fare qualche giretto nella stanza mentre lui pulisce la nostra gabbietta.

“È troppo stretta,” lo informo, ma lui non comprende.

Di nuovo in gabbia – io ho rifilato un bel colpo di becco su una sua mano quando mi ha obbligata a rientrare –, di nuovo la mancanza di libertà che soffoca le mie speranze, di nuovo il dolore delle perdite subite che si affaccia alla mia mente.

“Giochiamo?” mi invita Loreto che vede quanto sono pensierosa.

“D’accordo,” gli rispondo cercando il mio meraviglioso rocchetto rosso. Che, ahimè, è sparito.

“Sai dov’è il mio rocchetto? Quello che mi hai regalato ieri?”

“No,” afferma Loreto, “non lo vedo in giro. Se vuoi posso regalarti questa bellissima palla di plastica blu.”

“No, io rivoglio il mio rocchetto rosso. Il blu è un colore che non mi piace. Chi mai l’avrà preso?”

“Non lo so, non lo so proprio. Ma sai che cosa facciamo? Ora chiamo un investigatore affinché si occupi di ritrovarlo. Che ne dici?”

“E come farai a metterti in contatto con lui?”

“Oh, basta che gli ciangotti un richiamo e lui si presenta subito: ha un udito finissimo.”

“Come si chiama?”

“Hercule Pappagallot.”

“Allora sì, ti prego, chiamalo subito. Non posso stare senza il mio adorato giocattolo.”

Soluzione mia a causa delle deboli soluzioni proposte:

Hercule Pappagallot si presenta dopo pochi minuti, ascolta l’incarico affidatogli e se ne vola via senza una spiegazione.

“Avrà compreso che cosa cercare?” chiedo a Loreto.

“Di sicuro!” esclama lui.

E attendiamo uno, due, tre giorni. Io divento sempre più triste, è quasi come se quel rocchetto rosso fosse essenziale per la mia vita. Mah, gli umori che attraversano il mio corpo sono sempre più devastanti: non so per quanto ancora riuscirò a resistere.

Stamane, appena il nostro umano ha aperto la finestra della stanza dove sta sistemata la gabbietta, ho visto l’investigatore che è subito volato lontano per non farsi notare.

Apriti, cuore mio, apriti alla speranza! Se Hercule Pappagallot è tornato, probabilmente ha notizie del mio tesoro rosso.

L’umano ci mette un’eternità a pulire e a nutrirci, poi, finalmente, se ne va.

Scruto con attenzione il cielo che, d’improvviso, si riempie di piume multicolori: è lui! E tiene in bocca il mio meraviglioso, unico, adorato rocchetto rosso.

Purtroppo però la finestra ha una zanzariera che impedisce all’investigatore di passarci l’oggetto.

“E ora?” sussurro scoraggiata.

“Intanto vi comunico che il rocchetto era in un cassonetto dell’immondizia, l’ho recuperato appena in tempo prima che versassero l’immondizia nel camion. Per la zanzariera poi non c’è problema: abbiamo dei becchi forti, con qualche colpo ben assestato praticheremo un buco da cui far passare il giocattolo. Forza, aiutatemi.”

Qualche secondo più tardi il rocchetto riposa sul fondo della nostra gabbia e io beatamente lo faccio rotolare, lo bacio con beccatine delicate, mi ci rotolo sopra per la soddisfazione di Loreto che mi guarda appagato.

“Dovreste nasconderlo alla vista dell’umano” ci comunica l’investigatore, “se l’ha buttato una volta, può rifarlo.”

Penso e ripenso, chiedo consiglio a Loreto perché non ho idea di dove nascondere il mio tesoro.

“Lo terrò io sotto l’ala o mi ci coricherò sopra. Vedrai che ce la faremo Loretta” mi rassicura il mio meraviglioso amico.