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IL DELFINO TRISTE

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Martedì, 23 Marzo 2021 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

 

il delfino triste

Vedo Polly venirmi incontro, mi sfiora il fianco e mi invita: “Vieni Rino, facciamo un giretto. Mi sto annoiando a morte.”

“Che giretto vuoi mai fare in questa pozza maleodorante senza neppure un pesce da cacciare, senza un’alga da inghiottire, senza spazio per sfogare la nostra voglia di libertà!”

“Sei proprio giù oggi! Posso fare qualcosa per aiutarti?” si offre Polly.

“No mia cara. Ho solo voglia di oceano, di rivedere i compagni del mio branco, i miei figli, le mie mogli. Vorrei scambiare due chiacchiere con loro, farmi raccontare le avventure che hanno vissuto in questi due anni di mia assenza e, soprattutto, metterli in guardia sulla malvagità degli umani.”

“A me non paiono tanto cattivi gli umani. Mi danno sempre del pesce da mangiare quando faccio bene gli esercizi che mi hanno insegnato; è pesce morto e a volte anche non troppo fresco, però almeno mangiamo tutti i giorni senza dover continuamente stare in guardia per via dei predatori.”

“E tu sei contenta di aver barattato la tua libertà per queste miserie? In pieno oceano non abbiamo mai sofferto la fame e, quando formavamo dei branchi di cento o più delfini, nessun predatore si avvicinava, nemmeno ai nostri figli e mogli che viaggiavano sempre circondati da noi maschi. Vedi bene che l’uomo non ci regala nulla, anzi si prende la nostra indipendenza e non ci rispetta.”

“Perché dici che non ci rispetta? A me fanno sempre dei complimenti e, a volte, anche delle carezze quando eseguo bene gli esercizi.”

“Quanto sei ingenua e quanto poco basta per conquistarti. Secondo te, noi delfini siamo nati per nuotare in quest’acqua sporca – l’anno scorso mi sono gravemente ammalato per questo e mi sono salvato per miracolo – o piuttosto per coprire in piena libertà i nostri cento o anche duecento chilometri ogni giorno?”

“Sì, ora che ci penso viene anche a me un po’ di nostalgia per il mare aperto, per le evoluzioni a fior d’acqua, per i canti con il mio gruppo.”

“Tu sei stata catturata molto giovane e non puoi ricordarti di tutto, ma io sì, purtroppo…”

“Vedi, ora hai fatto diventare triste anche me. Scusa Rino, non possiamo parlare d’altro?”

“Sì, posso raccontarti di mio fratello Berto che è stato catturato con me e che è morto ieri.”

“Era malato?”

“No, o meglio era malato di nostalgia. Non accettava di essere imprigionato in questa piscina senza la sia pur minima possibilità di fuga. Così ha iniziato a non mangiare, a non eseguire le acrobazie richieste, a starsene girato su un fianco per ore finché gli umani l’hanno fatto visitare da un dottore, un veterinario. Il quale ha per errore diagnosticato un’infezione virale – evidentemente non sapeva che cosa diagnosticare. Così gli hanno somministrato pillole, gli hanno praticato iniezioni, gli hanno messo gocce negli occhi e non so più cos’altro. Il risultato è stato la sua morte. E sai che cosa mi ha detto prima di lasciarsi morire?”

“Che cosa?”

“Mi ha detto ‘meglio la morte fisica piuttosto che quella mentale’, e poi è spirato.”

Vedo Polly intenta a elaborare le informazioni che le ho fornito. Mi sta vicina e le trema leggermente la coda. Poi mi guarda e mi chiede: “Qual è la soluzione eh Rino?”

“L’unica speranza che abbiamo è che questo delfinario, come lo chiamano gli umani, non lo frequenti più nessuno, così lo chiuderebbero e ci libererebbero.”

“Da quello che mi hai raccontato, credo che anche in questo caso non riacquisteremmo la libertà. Potremmo, infatti, essere venduti a un altro delfinario, magari più affollato di questo e così via fino alla fine che, ora lo capisco anch’io, è la soluzione migliore ai guai in cui siamo immersi.”

“Vedo che hai capito, sei una delfina davvero intelligente. Peccato che ci siamo conosciuti in queste circostanze sfavorevoli, altrimenti tra noi sarebbe potuta nascere una storia. Ma qui, credimi, non sento nessuno stimolo.”

“Neppure io Rino, e finora non me ne ero resa conto. D’ora in avanti la mia vita sarà un po’ meno allegra ma più consapevole, anche se non so a che cosa serva questa consapevolezza.”

“Semplicemente ad accettare tutto ciò che subiremo con una filosofia diversa e a stare in guardia tutte le volte che un umano si avvicina.”

“Beh, sai che ti dico Rino? Io, la prossima volta che mi offrono un pesce morto, mordo la mano che gli sta attaccata, così dividerò la sofferenza con un animale di una specie differente!”

“Non farlo Polly. Se passa la certezza che sei pericolosa, potrebbero ucciderti subito. Piuttosto sbaglia esercizi, non ubbidire ai loro comandi, resta indifferente a tutto, in questo modo può essere che ti lascino in pace.”

Sorride Polly, un sorriso un po’ mesto, ma sono felice di averle comunicato le mie esperienze.

(dal libro La fattoria dei sogni edito in luglio 2015)