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LA VOCE ALLE PECORE

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Domenica, 17 Aprile 2022 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

 

voce di pecore

Andava belando per il campo in cerca dei suoi agnellini, Maddalena, e non fu soddisfatta finché non li trovò.

“Vi ho ripetuto più volte che non dovete allontanarvi. Nel gregge siamo protetti, soli no. È chiaro?”

“Sì, mamma, scusaci, ci siamo attardati perché in quell’angolino c’è un’erba tanto succosa…”

L’armonia tornò, con i due piccoli che presero a succhiare avidamente il latte materno. Maddalena tuttavia non era tranquilla: aveva già sperimentato con la precedente cucciolata quello che sarebbe accaduto ai maschietti e non sapeva cosa fare per evitare loro quel dolore.

Pensò e ripensò fino a non poterne più, infine decise di consultare Elvira, la pecora più anziana e saggia.

Maddalena sapeva che quest’ultima, oltre a essere saggia, era anche molto ombrosa, quindi attese che avesse mangiato prima di avvicinarsi.

“Salve Elvira. Se non disturbo, posso chiederti un consiglio?”

Belò infastidita l’anziana pecora, poi acconsentì con un movimento ondulatorio della testa.

“Sono molto preoccupata per i miei agnellini, entrambi maschi! Tu sai che cosa gli succederà fra poco. Secondo te c’è una soluzione? Come potrebbero sottrarsi a quei dolorosi trattamenti?”

“La tosatura è inevitabile – questo lo sai anche tu – per il resto (castrazione, amputazione della coda e mulesing) si può vedere. Lasciami qualche giorno e ti dirò,” belò Elvira.

Trascorsero nella più nera disperazione quattro giorni, senza che Maddalena avesse notizie dalla vecchia pecora.

Il quinto, non riuscendo più a sopportare quell’incertezza, la nostra eroina andò a cercare Elvira, senza tuttavia trovarla nel posto dove solitamente brucava.

Chiese allora notizie alle sue compagne, dalle quali apprese che la poverina era stata portata al macello con diverse altre dalla salute ormai compromessa.

“Non ha lasciato detto nulla per me?” chiese disperata Maddalena.

“Sì,” belò un montone. “Si è raccomandata che tu ti rivolga al cane per avere assistenza.”

“Al cane?” belò di rimando la preoccupatissima mamma.

“Proprio così,” confermò il montone andandosene per i fatti suoi.

Il ritorno dai figli fu triste, agitato e nervoso.

La Nostra conosceva bene la ferocia del cane e non se la sentiva di avvicinarlo, neppure per il benessere dei suoi piccoli.

La notte però le portò consiglio e il mattino successivo, appena fuori dall’ovile, si allontanò con i suoi agnellini, confidando che il cane si sarebbe avvicinato per chiedere la ragione di quel comportamento.

E fu quello che accadde.

“Che bau ci fai lontano dal gregge, eh?”

“Sono molto preoccupata…”

“Ora non ho tempo di stare a sentire le tue lamentele, ma nel pomeriggio, quando sarete tutte indaffarate a brucare, mi potrai accompagnare nella mia ispezione e intanto raccontarmi che cos’è che non va. Intesi?”

“D’accordo,” belò tremando la poverina.

“E ora fila insieme alle altre, avanti,” abbaiò il mastino.

Quel pomeriggio Maddalena, continuando a brucare per non insospettire le sue compagne, si avvicinò al cane che riposava all’ombra di un albero, vigile come sempre.

“Allora? Che cosa ti preoccupa?” la apostrofò lui.

“Alcuni giorni fa mi sono nati due maschietti. Non essendo i primi, so che cosa gli succederà tra poco. E mi chiedevo se era possibile evitare loro tutto quel dolore. Tu sei in grado di aiutarmi?”

Rifletté a lungo il nostro amico, quindi rispose: “Non credo ci siano soluzioni. Vedi, l’unica cosa sarebbe che tu te ne andassi con loro, ma sai che cosa ti potrebbe succedere, vero? Là fuori sono in agguato pericoli ben più grandi dei dolori che vuoi evitare ai tuoi figli.”

Maddalena brucò svogliatamente qualche filo d’erba per darsi un contegno, ma il suo cuore era pesante.

“Ci sarebbe un’altra possibilità…” sussurrò il cane con sguardi circospetti.

La pecora se ne stava a testa bassa con gli occhi pieni di dolore materno, a quell’affermazione però sollevò il capo un istante, come a pregare il cane di proseguire.

“Sono stanco di questo faticoso lavoro che non è mai premiato né con una lode né con una carezza. Sono arcistufo di mangiare brodaglie schifose una sola volta il giorno e non ne posso più di dormire d’estate al caldo torrido e d’inverno all’addiaccio.”

“Quindi?” balbettò Maddalena.

“Quindi mi piacerebbe andarmene per il mondo in cerca di un capobranco migliore di quello attuale. Voi tre potreste venire con me. Io vi difenderei dai pericoli… e tu potresti nutrirmi con il tuo latte. Che te ne pare?”

“Davvero sarebbe possibile? Sai che noi abbiamo bisogno di erba fresca ogni giorno, perciò dovrai condurci per prati perché nei boschi non c’è cibo per noi. E poi di notte, dove dormiremmo?”

“Lasciami pensare a ogni cosa, domani ti darò una risposta. Dovremo prendere provvedimenti subito, perché dopodomani inizieranno con il taglio delle code e il mulesing degli agnellini.”

Ciò detto, cane e pecora si separarono, ognuno proseguendo nelle proprie attività.

Maddalena si sentiva eccitata dalla piega che avevano preso le cose, ma in fondo all’animo una paura serpeggiante le consigliava prudenza.

Giunse infine il mattino.

Le pecore furono fatte uscire dall’ovile e condotte al pascolo dal pastore e dal cane.

Quest’ultimo, quando vide la nostra amica, le fece cenno di dirigersi verso un boschetto poco lontano con i suoi agnellini. Lui giunse di corsa come per farla rientrare nei ranghi, invece le abbaiò di scappare all’interno del bosco, dove la seguì sempre abbaiando.

Corsero e corsero a perdifiato, finché gli agnellini si lamentarono: “Non ce la facciamo più, mamma, non possiamo riposarci un po’?”

Maddalena volse lo sguardo verso il cane che acconsentì.

“Come ti chiami?” chiese la pecora al suo accompagnatore.

“Giustino, e tu?”

“Maddalena. E ora che facciamo? È tanto buio in questo bosco!”

“Dobbiamo camminare ancora un po’, poi troveremo dei pascoli adatti a voi. Stanotte ho fatto un giro di ricognizione mentre il pastore dormiva. Così alla fine del bosco ho trovato una grotta, che potrebbe servirci da rifugio, proprio in cima a una collinetta.”

La pecora, preoccupata, annusò l’aria mentre allattava i suoi piccoli.

Poco dopo i quattro ripresero il cammino. Non era più necessario, affermò il cane, andare di corsa, ormai avevano messo parecchio spazio tra loro e il pastore.

Nel primo pomeriggio arrivarono al pascolo descritto da Giustino, dove mamma e figli si servirono di abbondante erba. Terminato che ebbero, il cane chiese di succhiare un po’ di latte: “Mi sento un certo languorino!” asserì.

Maddalena fu subito disponibile – quelli erano gli accordi si disse – tra le risate allegre dei piccoli.

Poi salirono fino in cima alla collina, dove trovarono la grotta che Giustino aveva scoperto.

Vi entrò prima il cane, annusò ben bene il terreno in cerca di eventuali tracce sgradite e, una volta accertato che nessuno vi aveva abitato ultimamente, invitò anche gli altri ad accomodarsi.

Si stava bene in quella grotta, l’aria era tiepida e l’atmosfera serena.

“Devo andarmene in cerca di cibo,” disse a quel punto Giustino.

“Ci… ci lasci soli?” belò Maddalena preoccupata. “Che cosa dobbiamo fare se succede qualcosa?”

“Bela più forte che puoi. Io cercherò di non allontanarmi troppo.”

Il cane se ne andò, lasciando le pecore strette in un unico mucchio tremante.

Fortunatamente nulla accadde e, al suo ritorno, Giustino dichiarò: “Ho individuato una fattoria non molto distante da qui. Tra qualche giorno ho intenzione di recarmici per controllare che tipo di conduzione vi regna.”

“Non vorrai metterci di nuovo in mano a degli umani, vero?” tremò Maddalena.

“Non tutti gli umani sono uguali. Del resto voi non siete autosufficienti.”

La pecora restò pensierosa a lungo e non parlò più né mentre brucava l’erba né mentre allattava i piccoli.

La vita scorreva serena perché il pascolo davanti alla grotta era lussureggiante, e nessuno aveva fino allora disturbato la sua pace.

Il cane si allontanava di tanto in tanto per procurarsi del cibo un po’ più sostanzioso e anche per lasciare agli agnellini il latte della loro mamma.

Poi avvenne che un giorno, mentre Giustino era lontano, Maddalena vedesse avvicinarsi uno strano animale: più piccolo del cane, con un corpo tozzo e nero, disegnato con una striscia bianca che gli faceva da collare. Saliva zigzagando a brevi saltelli e annusando intensamente il terreno.

La povera pecora iniziò allora a belare il suo terrore, nella speranza che Giustino fosse abbastanza vicino da udirla.

Giunse il cane proprio mentre lo strano animale, arrivato all’ingresso della caverna, stava per avventarsi sugli agnelli.

“Vattene,” abbaiò Giustino.

“Sono digiuno da ieri e voglio servirmi di questa bella carne fresca,” dichiarò l’intruso.

“Non se ne parla proprio!” latrò il cane ponendosi a difesa delle pecore.

“Prima o poi dovrai assentarti, allora avrò la mia rivincita!” esclamò il diavolo orsino spalancando la sua enorme bocca, dotata di affilati canini, in uno sbadiglio dimostrativo.

Poi fu costretto a fare dietrofront per tornarsene da dove era venuto, mentre le pecore continuavano a tremare di paura.

“Dobbiamo trovare una sistemazione diversa, qui ormai non è più sicuro,” dichiarò Giustino.

Il giorno successivo i quattro lasciarono la grotta in cerca di un nuovo rifugio.

Maddalena non si era ancora ripresa dallo spavento del giorno prima, perciò camminava scrutando ogni angolo che potesse nascondere qualche insidia.

Giunsero infine alla fattoria di cui aveva parlato il cane qualche tempo prima. La recinzione era in legno robusto che non lasciava trapelare nulla dell’interno, così Giustino decise di presentarsi con i suoi amici al cancello principale che tuttavia trovò chiuso.

Allora abbaiò a lungo, finché un uomo si avvicinò per vedere che cosa stesse accadendo.

“Oh poverini, vi siete perduti? Entrate, entrate, vi preparo qualcosa da mangiare,” li invitò.

Maddalena era riluttante – non aveva molta fiducia negli umani –, d’altro canto non c’erano altre soluzioni possibili, così, con un sospiro, decise di abbandonarsi al destino.

Guardandosi intorno costatò che la fattoria era molto grande. Vide pure animali di ogni tipo: pecore, capre, mucche, cani, gatti, galline, oche, anatre e uno strano essere che non riusciva a muoversi a causa di una coda lunghissima – seppe più tardi che si chiamava pavone.

Alcune delle pecore presenti avevano figli più grandi dei suoi, perciò Maddalena si avvicinò per informarsi se avessero già subito il mulesing.

“No, no, stai tranquilla, questa è una fattoria dove gli animali vivono naturalmente le loro vite. Figurati che i proprietari sono vegetariani, anzi vegani.”

“Significa che non mangiano carne?” chiese la nostra eroina che iniziava già a sentire le farfalle nello stomaco.

“Non solo non mangiano carne né alcun altro alimento proveniente dagli animali – tipo latte o uova –, ma ci permettono di scorrazzare per tutto il territorio che, essendo recintato, impedisce ai predatori di entrare! Inoltre, non ci tosano come negli allevamenti, ma lasciano che il nostro mantello cresca e ci ripari sia dal caldo sia dal freddo,” sorrise bonaria la pecora interpellata.

Maddalena guardò con tenerezza i suoi piccoli, sospirò rumorosamente e belò: “Finalmente anche per noi un po’ di tranquillità!”

(dal libro di Maria Grazia Sereni “Azzurre come il mare” pubblicato in marzo 2013)