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UN EROE DI NOME ALF

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Domenica, 28 Aprile 2024 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

Copertina Fiabe

C’era una volta una graziosa cittadina adagiata su verdi colline che ospitava una grande Università, famosa nel Paese per le sue ricerche.

Nessuno tuttavia, tranne gli studenti che la frequentavano, sapeva che cosa accadesse nei suoi laboratori.

In città non si vedevano né cani né gatti liberi, solo quelli che abitavano nelle case degli uomini erano visibili sui davanzali delle finestre perché non avevano il permesso di uscire.

Infatti, ogni animale che veniva trovato per strada era catturato dall’accalappiacani Polpaccio, così chiamato per le sue gambe molto muscolose. Dove finivano quindi i poveri animaletti, nessuno lo sapeva.

Un giorno Lalla, una ragazzina di una decina d’anni, distratta da pensieri gioiosi, lasciò aperta la porta di casa. Mimmina, la sua gatta, non si fece sfuggire l’occasione e, senza dare nell’occhio, uscì, vogliosa di aria pura e di libertà.

Si diresse verso le colline che parevano sorriderle e invitarla a correre sui loro pendii, cosa che la gatta fece con grande piacere.

Nel frattempo Lalla si era accorta della sparizione di Mimmina. La chiamò, la cercò in ogni angolo della casa e, non trovandola, immaginò che se ne fosse andata a fare un giretto.

Uscì in gran fretta e, urlando il suo nome, si diresse pure lei verso le colline.

Mentre camminava fu superata dal trabiccolo di Polpaccio che stava andando a caccia di animali.

Lalla lo fermò e gli chiese se avesse visto la sua gatta.

“Com’è?” chiese l’individuo.

“Oh, è una bella gattina grigia tigrata con la pancina bianca macchiata di rosa.”

“No, non l’ho vista,” affermò l’accalappiacani.

“Se la dovesse vedere, me la riporterebbe a casa per favore? C’è una ricompensa.”

“Certamente, bambina. So dove abiti. Ora devo andare.”

Lalla si sentiva più tranquilla, convinta che il malandrino la volesse davvero aiutare.

E invece…

Sulla collina Polpaccio trovò Mimmina, con la rete la prese, la caricò sul furgoncino e, sbuffando fumo e scintille, tornò in città.

Giunto all’Università, Polpaccio salutò il custode e lo informò: “Ho tre animali. C’è il dottor Sinistro?”

“Sì, vai pure, è nel laboratorio, ma prima di entrare bussa, hai capito? Non come l’ultima volta.”

Polpaccio bussò, fu fatto accomodare e consegnò tre gabbie: una con un coniglio bianco, una con un cagnolino beagle e l’ultima con Mimmina.

“Ottimo lavoro, Polpaccio. Tieni, questo è quello che ti spetta. Alla prossima,” lo congedò il dottore.

Quando fu solo Sinistro guardò con occhi avidi le gabbie: “Che bel cagnolino, avevo proprio bisogno di un cane. Di conigli ne ho a sufficienza, ma cani e gatti non si trovano più così facilmente, ah, ah, ah!” rise, estraendo i tre malcapitati e inserendoli in una gabbia piccolissima dove a malapena potevano muoversi.

“Che cosa ci capiterà?” pianse il cagnolino Pongo.

“Non lo so proprio,” tremò il coniglio Albino.

“Io ho sentito qualcosa che mi ha raccontato un gatto di passaggio. Sembra che in questo laboratorio facciano degli esperimenti sugli animali che, o restano devastati nel corpo e nella mente o addirittura muoiono. E questa, temo, sarà la nostra fine,” si disperò Mimmina.

“E non c’è soluzione? Dobbiamo proprio restare qui dentro? Non c’è nessuno che possa venire a salvarci?” chiese Pongo.

“Purtroppo nessuno è mai uscito da questo laboratorio, che io sappia. Però…” si fece pensierosa la gattina.

“Però? Però? Allora c’è qualcosa che possiamo fare?” chiese Albino.

“Noi non possiamo fare proprio nulla, vedi come siamo conciati. Se riuscissi a salire sul davanzale della finestra, allora forse riuscirei ad attirare l’attenzione di qualche umano o di Picchio, il mio amico merlo.”

“Come? Tu, una gatta, sei amica di un merlo?”

“Sì, gli ho salvato la vita: era chiuso in una gabbia con lo sportellino semi aperto, io l’ho aperto del tutto e il merlo ha riacquistato la libertà. Picchio, da allora, mi viene spesso a trovare per scambiare due chiacchiere.”

“E che cosa può fare un merlo per noi?” mormorò Pongo.

“Non voglio illudervi, ma lui ha un amico di nome ALF che potrebbe tirarci fuori di qui, o almeno credo.”

I tre si guardarono angosciati, senza lo straccio di un piano per uscire da quella situazione.

La notte trascorse sui lugubri pensieri dei tre che non riuscirono a chiudere occhio e che tentarono invano di parlare con gli altri animali chiusi in gabbie diverse.

Il mattino successivo, quando le prime luci entrarono dalla finestra, si presentò il dottor Sinistro che comunicò ai nostri amici che avrebbe iniziato con Pongo per un piccolo esperimento: “Neppure tanto doloroso,” affermò ridendo di gusto.

Il cagnolino iniziò a tremare in tutto il corpo, a nascondersi dietro ai due compagni e, quando il malvagio aprì la gabbia, si fece così piccolo che il dottore dovette faticare non poco per tentare di prenderlo. In quel modo però la gabbia restò aperta un po’ più del dovuto e Mimmina ne approfittò per sgattaiolare fuori e tentare di salire sulla finestrella che, essendo molto alta, non era munita di sbarre. Nonostante l’altezza proibitiva, la gattina era riuscita con un paio di balzi a salirvi, ritrovandosi infine fuori dalla stanza delle torture.

“Non preoccupatevi, vi salverò,” miagolò prima di lasciare l’Università.

Nel frattempo il dottor Sinistro, con un diavolo per capello, aveva richiuso la gabbia ed era uscito dal laboratorio gridando a squarciagola di fermare quella gatta. Molte mani si tesero nel tentativo, ma tutto fu vano: Mimmina riuscì a dileguarsi.

Per riprendere fiato si arrampicò su un albero, da dove iniziò a invocare l’aiuto di Picchio che, infine, arrivò.

“Che cosa ti è capitato?” chiese vedendo la sua amica fuori di sé dal terrore.

Mimmina gli raccontò per filo e per segno ogni cosa e gli chiese se per lui sarebbe stato possibile far intervenire il suo amico ALF.

“Io tenterò, però non è facile perché lui è sempre molto impegnato in soccorsi e liberazioni. Ma ora pensiamo a te. Sai che, libera così sei in pericolo. Se vuoi, posso precederti sulla strada di casa tua, tu potresti seguirmi salendo sugli alberi che, per fortuna, sono numerosi finché arriveremo da te. Ho sentito Lalla chiamarti più e più volte, quindi sarà felicissima di rivederti.”

“Lo spero,” sussurrò la gattina che, dopo le parole di Picchio, si stava rendendo conto di quanto fosse difficoltoso arrivare a casa sua.

Picchio volò, fece cenno a Mimmina che la via era libera, lei scese dall’albero su cui era appollaiata compì un breve tragitto a terra e poi salì veloce su un altro albero. Con quel sistema tutto andò per il meglio ma, arrivati nei pressi della casa, apparve all’improvviso Polpaccio con il suo trabiccolo sputacchiante fumo e scintille. Lui vide la gatta (che non riconobbe perché per lui tutti i gatti erano uguali), fermò il trabiccolo, ne scese e iniziò le manovre per irretire Mimmina. Ma lei saliva sempre più in alto dove Polpaccio non poteva arrivare. Ma l’omaccione aveva deciso di appostarsi sotto l’albero nell’attesa che la gattina scendesse. I due amici si guardarono disperati con la convinzione di non riuscire a fuggire.

Poi Picchio ebbe un’idea: radunò una decina di amici e, tutti insieme, cominciarono a defecare sulla testa di Polpaccio. Che, sbuffando improperi irriferibili, salì sul suo trabiccolo e se ne andò.

Mimmina in un lampo scese dall’albero, corse e arrivò sulla finestra della stanza di Lalla che, triste come non mai, stava piangendo, convinta che non avrebbe più rivisto la sua gattina. Fu un incontro commovente, le due si strinsero una all’altra e stettero a lungo in silenzio a godere la ritrovata compagnia.

Poi Mimmina tornò sulla finestra per parlare con Picchio: “Ti ringrazio, amico mio, se non fosse stato per te e i tuoi compagni, ora sarei ancora prigioniera del malvagio. Ti prometto che non caccerò mai più un merlo in vita mia. Ma ora dobbiamo fare qualcosa per gli altri animali imprigionati nel laboratorio. Ce ne sono di tutti i tipi, anche uccelli, quindi sarebbe meglio che tu cercassi il tuo amico ALF.”

“Sì, vado subito e mi faccio aiutare dai miei compagni, così è possibile che lo troviamo più in fretta. Prima di andare però, voglio vedere che cosa sta accadendo all’Università. Ho sentito diversi rumori insoliti quando ce ne siamo andati. Vado e torno a riferirti.”

Picchio volò fino all’Università, dall’alto controllò la situazione e quindi tornò da Mimmina.

“C’è un gran trambusto perché sembra che uno studente di veterinaria abbia litigato con il professor Sinistro, ma non ne conosco il motivo. Comunque sia, ora è più importante trovare ALF. Ciao, a presto.”

La gattina augurò buon viaggio all’amico merlo e quindi tornò in casa, dove stette con l’animo sospeso ad attendere notizie.

Trascorse tutto il giorno e la mattina successiva prima che Picchio tornasse dalla sua missione.

“Sono stato fortunato perché ho trovato ALF abbastanza in fretta. Mi ha promesso che domani sarà da noi e mi ha chiesto se tu puoi guidarlo fino al laboratorio.”

“Io? Ma… ma come faccio? Appena metto il naso fuori dalla porta c’è Polpaccio in agguato…”

“Mi ha detto ALF che la tua presenza è essenziale.”

“Perché?”

“Sembra che serva un animale che è stato imprigionato nel laboratorio per condurre a termine l’impresa. Mi ha anche detto che tu non correrai alcun rischio se sei con lui. Allora? che devo rispondergli?”

“Ha ragione il tuo amico, andrei anche in capo al mondo per salvare quei poveri animaletti!”

“Va bene, allora a domani amica mia.”

I due si separarono e Mimmina stette a lungo sulle ginocchia di Lalla, nel caso, pensò, che l’indomani fosse una giornata tragica.

La gattina aveva sempre davanti agli occhi il cucciolo di beagle, Pongo, che tremava come una foglia quando il dottor Sinistro aveva aperto la loro gabbia. L’aveva anche impressionata l’innaturale silenzio degli altri animali chiusi in gabbia, animali che, probabilmente, avevano già subito esperimenti e che, forse, avevano perso ogni speranza in una vita migliore.

Poi si addormentò e dormì un sonno agitato popolato dal dottor Sinistro che agitava un coltello sporco di sangue avanzando verso di lei.

Finalmente la luce del mattino svegliò la nostra eroina che si sentiva più stanca della sera prima di addormentarsi.

Il pomeriggio, quando finalmente arrivò, si presentò in pompa magna: un sole limpido accarezzava con i suoi raggi tiepidi ogni stelo d’erba, facendo risplendere i colori dei fiori.

Gli uccellini cantavano i loro richiami d’amore e la città era tutta un fremere di attività.

Poi, una nuvola nascose il sole, l’aria si fece più fresca e i voli degli uccelli si arrestarono. Da lontano si sentiva avanzare una folata di energia vitale racchiusa in una musica dolcissima.

Mimmina, sul davanzale della finestra era attenta a ogni dettaglio e, quando la musica si fece più vicina, notò che di una sola persona si trattava di nero vestita, munita di un flauto da cui usciva quella dolcissima musica e con una scritta in bianco che recitava ALF stampata sulla casacca.

Si stupì la nostra eroina di riuscire a leggere la scrittura umana, ma, quando ALF si avvicinò a lei e la guardò, la nostra gattina si sentì tutta rimescolare e gli disse (proprio in linguaggio umano!): “Sono pronta.”

ALF aprì la finestra, prelevò la gattina e la mise davanti a sé invitandola a fare strada.

Lei non se lo fece ripetere e lo guidò fino all’Università. Là giunti, il custode sbarrò loro il passo dicendo che era impossibile entrare se non erano stati invitati a farlo. Mentre così parlava, aveva adocchiato Mimmina parendogli proprio la gattina fuggita dal laboratorio. Si chinò allora dichiarando: “Questo è uno dei nostri gatti,” e cercando di afferrarla.

ALF suonò il suo flauto e l’uomo si bloccò con la schiena piegata e le mani tese verso Mimmina.: era diventato di marmo!

I due proseguirono indisturbati fino al laboratorio, aprirono la porta dello stabulario dove ALF iniziò a suonare il flauto. Immediatamente le porte delle gabbie si aprirono, ma tutti gli animali erano talmente intimoriti che non si fidavano ad uscire. Allora il nostro eroe suonò più forte e tutti ma proprio tutti uscirono dalle gabbie e, sguardi assorti negli orrori vissuti, si guardarono intorno per capire che cosa sarebbe successo.

Molti conigli, tra cui anche Albino, avevano le orecchie tagliate, il pelo del collo rasato su ferite sanguinolente, occhi accecati da chissà quali sostanze e alcuni erano senza coda o con un pezzo di zampa tagliato.

ALF osservò tutto, prese in bocca il flauto e cominciò a suonare sempre più forte. Miracolo dei miracoli, a quel suono magico tutte le ferite si rimarginarono e gli animali tornarono com’erano prima degli esperimenti.

“Non vedo Pongo,” disse Mimmina. “Che sia in sala operatoria?”

I due avanzarono verso una porta con scritto “VIETATO ENTRARE”, la aprirono e videro il povero beagle con la pancia aperta e il dottor Sinistro che ne stava estraendo qualcosa.

Quando sentì entrare degli estranei, il malefico chirurgo sbraitò: “Non avete letto che qui non si può entrare? Fuori, fuori di qui, subito. Io ho da fare.”

Al suono del flauto il malvagio si bloccò e divenne di marmo come il custode, mentre Pongo riacquistava pian piano, un pezzetto per volta, il suo aspetto originario.

Quando vide Mimmina le andò incontro e la leccò con passione, abbaiandole continui “grazie”.

In quel momento entrò nel laboratorio un giovane studente, sorrise ad ALF e disse: “Finalmente, era tanto tempo che ti aspettavo. Non hai ricevuto la mia lettera?”

“Sì, e per questo sono venuto, guidato dall’amico Picchio.”

“Ora che si fa?” chiese il giovane.

“Che si fa in che senso?”

“Come possiamo evitare che, una volta che te ne sarai andato, tutto questo si ripeta?”

“Semplice. Tu parlerai con i tuoi amici e compagni, spiegherai loro ogni cosa e, insieme, eviterete che il male abbia il sopravvento. Lascerò anche un incantesimo sui più malvagi che, nel momento in cui vorranno compiere qualche misfatto, si bloccheranno come statue di marmo. Lascerò la parola anche agli animali, così che possiate comprendervi meglio. L’importante è che voi giovani comprendiate quanto anche gli animali siano sensibili al dolore e alla gioia, proprio come noi umani. E ora me ne vado, sono richiesto in altri laboratori. Abbi cura di tutti, amico.”

Il flauto suonò e ALF si allontanò scomparendo insieme alla musica man mano che si affievoliva.

Quella graziosa cittadina adagiata su verdi colline ora è un posto dove animali e umani convivono in armonia. Tutti gli abitanti hanno scelto di mangiare vegano per non nuocere agli amici animali con i quali scambiano a volte qualche chiacchiera.

E che ne è stato del dottor Sinistro e di Polpaccio? Vi chiederete.

Entrambi sono rimasti statue di marmo, situate all’ingresso dell’Università, che ammoniscono i giovani a non diventare come loro.